In questo 2018 la Mondadori ha rivolto al fantastico, in tutte le sue declinazioni, numerose attenzioni. La cura editoriale è evidente nelle seguenti collane, ormai idolatrate dagli appassionati fruitori, Oscar Draghi (Collana Deluxe), Oscar Fantastica e Oscar Ink. Grazie agli investimenti della casa editrice milanese oggi possiamo apprezzare non solo i “classici” del fantasy e della fantascienza (i racconti di Conan il Cimmero di Howard o i romanzi della Fondazione di Asimov) ma anche nuove prestigiose firme contemporanee. Nella collana Oscar Ink, dedicata ai graphic novel, appare Monstress, opera terribilmente meravigliosa nata dalla potenza narrante di Marjorie Liu e dall’evocativo reparto iconografico di Sana Takeda. La maxi-serie di Image Comics in Italia è divisa in tre volumi rilegati intitolati Risveglio, Sangue, Rifugio ed è stata premiata nel 2017 con l’Hugo Awards nella categoria Best Graphic Story. Nel 2018 il duo tutto al femminile riscuote un successo eclatante, ovvero sono le artiste più blasonate agli Eisner Awards: la più prestigiosa competizione fummettistica americana. Marjorie Liu inoltre è la prima donna a vincere il premio di “Best Writer”, Sana Takeda tiene il passo come miglior artista multimediale e copertinista.
Dopo un’introduzione così roboante non mi resta che parlare di questi volumi così singolari. Cercherò di non infarcire questo scritto di spoilers e di rimanere sostanzialmente sul vago per quanto riguarda la trama. Mi limiterò a delineare i punti salienti dell’ambientazione, dei personaggi, e delle questioni principali senza intaccare spiacevolmente il racconto.
Il Mondo Conosciuto è un’isola-continente avvolta da mari misteriosi e abitata da razze esotiche e arcane. Durante lo svolgimento della narrazione apprendiamo che c’è una netta divisione tra le due razze dominanti: gli umani (governati dalla casta sacerdotale-mistica-inquisitrice delle Cumea) e gli Antichi creature animalesche e antropomorfe capaci di edificare floride città e di comunicare mediante il linguaggio comune. Umani e antichi si sono spartiti il Mondo Conosciuto, a Ovest sorge la Federazione umana mentre in Oriente si nascondono le sfuggenti corti degli Antichi (dell’Alba e del Crepuscolo). Fin qui sembra un classico “fantasy” old school, ma le due autrici arricchiscono il loro Altrove narrativo con altre tre razze significative. Gli Arcanici o Mezzosangue sono il frutto dell’accoppiamento tra gli Antichi e gli uomini, questa semenza conserva i tratti ferini (artigli, code, pelliccia, squame) dei loro ancestrali progenitori ma sono molto simili agli umani; altri, come la protagonista Maika, sembrano dei normalissimi umani. Gli Arcanici vivono liberamente negli regni degli Antichi e sono tollerati in alcune città “libere” della Federazione, la Cumea al contrario cerca, maliziosamente, di infangare gli Arcanici e sprona la popolazione ad attaccare i Mezzosangue. La razza cosmica degli Antichi Dei invece è erede di numerose reminescenze lovecraftiane. Sana Takeda fonde il sofisticato disegno orientale di matrice nipponica con gli orrori del Solitario di Providence, il risultato è un orrore immaginifico dai poteri sovrannaturali, indescrivibile e angosciante. Gli Antichi Dei sono potenze distruttive che si nutrono dell’annichilimento vitale, serpeggiano nel dolore degli uomini e delle altre razze; ma sono anche venerati, temuti e contemplati. Seguendo la falsariga di Lovecraft o Clark A. Smith queste divinità ancestrali (chiamate più spesso orrori) abitano in lussureggianti templi esotici, di matrice orientalista e faraonica. Città perdute, labirinti orinici, santuari baroccheggianti e gotici, anfratti tetri e tenebrosi o sontuosi monumenti di epoche remote. In questi luoghi, tributi al weird classico, si annidano potenze che plasmano la vita e la morte di tutte le razze del Mondo Conosciuto. E ne manca ancora una, di razza. Il popolo più antico, perfino degli Antichi e degli Dei, i Gatti! Detti figli di Ubasti (divinità felina). La razza dei gatti è cinica, estranea alle macchinazioni politiche che coinvolgono le altre popolazioni “inferiori”, sono i custodi del sapere e di pratiche occulte: infatti uno dei protagonisti è mastro Ren il nekromancer (corrispondente del negromante). Oltre ad essere attorniati da una spessa aurea di superiorità e tracotanza i gatti a livello iconografico e tematico ereditano profondamente i richiami del folklore nipponico. I gatti del duo Liu – Takeda hanno numerose code (mai minori di due) e sono il corrispettivo degli Nekomata (in giapponese, gatti a due code), ossia della famiglia mitologica giapponese degli Yokai (manifestazioni magiche, inquietanti o soprannaturali). Secondo la tradizione nipponica medievale i gatti superati i dieci anni di età subivano una metamorfosi mistica e si trasformavano in spiriti sapienti e fantasmagorici (infatti ancor oggi nelle zone del Giappone rurale molti gatti hanno la coda mozzata per prevenire questa trasformazione). Come in Monstress i Nekomata sono un medium per comunicare con i piani ultraterreni, hanno la facoltà di manipolare i resti dei defunti semplicemente agitando le code. Possiamo tutt’ora ammirare degli Nekomata nelle pergamene del periodo Edo di Suwaku Sushi.
Le numerose divergenze tra umani e le razze “animalesche” portarono gli schieramenti a una guerra sanguinosa, risoltasi nella battaglia di Costantine che culminò in una distruttiva esplosione senza apparenti spiegazioni. A tale devastazione sopravvive Maika Halfwolf, la protagonista di quest’opera lirica e immaginifica. La “bomba” di Costantine si ispira a quel bagaglio archeologico-sentimentale del dopoguerra giapponese, quando gli scrittori di sci-fi iniziarono una prospera produzione nata dal trauma delle atomiche (Cfr. La leggenda della nave di carta). In questo contesto nasce una scuola del dolore, la protagonista e il suo seguito sono delle vittime che cercano di sopravvivere non solo alle atrocità della guerra ma ai propri ricordi, e traggono la propria forza sottomettendo la paura e la nostalgia. Ad accompagnare Maika nel suo cammino verso la verità c’è Kippa oltre all’istrionico Mastro Ren dalle due code. Kippa come Maika è un’arcanica, ma ha i tratti caratteristici della volpe (coda e orecchie). La volpe nella mitologia orientale è un animale importantissimo, dalla volpe a più code cino-coreana a quella shintoista giapponese. Nel folklore del Giappone la volpe viene chiamata Kitsune, non è un semplice animale ma un essere dalla sottile intelligenza e dai poteri soprannaturali. In Giappone le volpi, almeno secondo le credenze popolari, hanno la capacità di trasmutare in forma umana, la potenza e la saggezza di una volpe viene calcolata in base al numero delle code. Kippa è giovane, innocente, ingenua ma non difetta di coraggio e bontà d’animo. Il perfetto contraltare alle altre due figure principali: il calcolatore Ren e alla violenta e impulsiva Maika.
Il Mondo Conosciuto è un luogo affascinate e variegato, infatti alla razza singolare e ibrida degli Arcanici si accompagna un’ibridazione estetica e culturale. Le città possono ricordare i classici borghi medievali del fantasy europeo, le baraccopoli confusionarie asiatiche, ma c’è spazio per per lussuose residenze barocche, sofisticate attrezzature steampunk (dirigibili, armi da guerra o decorazioni) crepuscolari tributi al gotico e al medievalismo vittoriano. Non mancano caotiche colonizzazioni culturali tra lo asian-punk e l’orientalismo artistico europeo. Monstress trasgredisce le etichette, è un prodotto irruente, maleducato, sfacciato e affascinante. Ci mostra uomini in giacca e cravatta e arcanici in armatura a piastre, automi con ghirigori orientali e unicorni classicheggianti, shishigami mostruosi della mitologia giapponese e abomini weird. Agli arazzi dorati e ai sontuosi vestiti delle Cumea o delle regine Antiche si contrappone il Nero assoluto degli Antichi Dei, dei tentacoli lovecraftiani che stuprano l’armonia kitsch delle città steampunk.
La missione di Maika è incerta, pericolosa e dettata da sentimenti contrastanti, un continente in guerra, un amore ostacolato, il fardello di una madre che schiaccia il futuro (e il passato) di una figlia apparentemente sconfitta e in prigionia. Perché Maika ha uno scopo, cercare la verità, scoprire cosa nasconde il suo animo, ricongiungersi con Tuya, la sua amica, la sua sorella, la sua amante. Il suo Tutto. E forse è questa la grandezza di Monstress di creare un arazzo narrativo dove sono le donne le protagoniste, dove il loro dolore è la loro forza, un mondo dove non sono semplicemente le padrone ma anche le nemiche. Etichettare Monstress come opera d’arte femminista potrebbe essere limitante. Certo le donne sono le principali attrici di questo dramma, ricoprono ogni posizione di potere, perfino gli “sgherri” dei villain sono “amabili” fanciulle, ma la loro società non è perfetta ma una falsa utopia. Quindi Liu-Takeda creano un affresco femminile ma adatto a ogni tipo di fruitore, senza distinzione di sesso, razza, religione e disabilità. Perché in Monstress ci sono donne menomate (Maika che ha un braccio amputato) che amano donne di colore (Tuya), che sono amiche di umani come di Arcanici o gatti, ci sono donne che combattono donne. E in questo scenario contemporaneo, dove il femminismo aggressivo e misandrico esce fuori dagli schemi, due giovani artiste dalle sensibilità poliedriche mostrano la vera funzione dell’arte: sensibilizzare i lettori con la bellezza e la forza del racconto. E non importa se mancano personaggi maschili “forti” perché siamo coinvolti dal caotico e struggente percorso di redenzione di Maika, che lotta per autodeterminare non solo la propria personalità ma anche quella dei propri cari.
Cos’è l’estetica del risveglio? Se non lottare con i propri demoni interiori? Ma non fermarci a sconfiggerli e a sopprimerli ma a mutare le proprie paure, a non scindere il Bene dal Male ma ad educare il nostro coraggio. Siamo fatti di oro scintillante e buio assoluto, e forse andiamo bene così.
Cristiano Saccoccia